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Persichtti to Il Manifesto
September 16, 2002 - 10:49am -- hydrarchist
lettera al manifesto del 13/09 di paolo persichetti
Caro direttore, le chiedo cortesemente di pubblicare questo mio breve testo, scritto in risposta al bell'articolo che Erri De Luca (il manifesto del 5 settembre) mi ha indirizzato dalle pagine del suo (o piuttosto vostro) giornale.
«Ciascuno vede ciò che tu gli sembri, pochi ascoltano quello che sei». Così Machiavelli nel Principe spiega, o meglio disvela, uno dei segreti della politica intesa come dominio. Ciò che conta è apparire, mostrare, far credere, molto meno essere autentici. Una verità tanto più forte in questa epoca, dove lo sviluppo delle tecniche della comunicazione ha reso il loro uso pervasivo e il loro controllo una posta in gioco per l'esercizio del potere. L'uso dei media è uno dei moderni strumenti di governo utile all'ammaestramento delle coscienze, alla fabbricazione del consenso. Cavalieri della tv e magnati della pubblicità da una parte, Nanni e ballerine dall'altra, esprimono attraverso il loro astioso conflitto una speculare concezione di questa nuova realtà. Berlusconi possiede, i girotondi bramano rancorosi l'anziano possesso della Rai lottizzata. Entrambi concepiscono la politica come «apparire». Il premier ultramiliardario si vuole «operaio», quel groviglio di sordi interessi legati alle professioni e alle carriere dell'emergenza, si sente espressione del luogo che da sempre l'antipolitica e il qualunquismo hanno eletto come autentico, la «società civile».
Hai ragione Erri, hanno bisogno delle nostre apparenze. Hanno bisogno dei nostri corpi per calzarci addosso i panni dei responsabili di sostituzione che hanno ritagliato per noi. Siamo alle conseguenze concrete del dopo 11 settembre. Vittima di se stesso, dei suoi Frankestein stragisti clonati in laboratorio e sfuggiti al controllo, l'occidente cerca colpevoli ovunque. Si è aperta l'epoca dei conflitti senza frontiere. Il nuovo diritto serve solo ad abbattere barriere, controllare territori, azzerare tutele e garanzie. Conservare privilegi ai gendarmi mondiali. Il nemico si è fatto impalpabile, agita ombre, scuote paure, per questo il ricorso a capri espiatori può avere una funzione rassicurante. E poi, molto più in basso, ci sono poltrone e carriere da salvaguardare. Dopo Napoli e Genova, dopo Bolzaneto e la Diaz, i vertici della polizia sono stati travolti dal discredito. Le polemiche sulle scorte mancate hanno bruciato un ministro degli interni e trasformato questori e dirigenti dell'antiterrorismo da inquirenti in indagati. Sotto schiaffo, le professioni della specialità e le carriere dell'emergenza hanno dovuto reagire. Da questa bassa cucina è nata la mia estradizione.
Caro Erri, non provo dolore ancora meno rancore. Osservo i loro gesti come guardassi dei minerali. In fondo, hanno bisogno di noi come il vampiro ha bisogno della sua vittima, come il drogato del buco. Ma dalla loro parte c'è solo la forza triste della dipendenza priva d'ogni autonomia e potenza. Senza il collo della sua vittima il vampiro muore. C'è uno scarto che ci rende superiori. Noi non abbiamo bisogno di loro, dobbiamo solo scrollarceli di dosso.
Ho letto su un giornale che il capo delle guardie pretoriane avrebbe telefonato per annunciare la mia cattura addirittura nel pieno d'una festa. Pare che abbiano immediatamente brindato e cantato. Sembrava una scena da basso impero di quelle descritte nel Satyricon.
Prima di congedarmi e tornare all'allegro brusio della mia cella affollata, vorrei dire ai potenti e potentati di turno: stiamo tornando uno ad uno ma non è il caso di rallegrarvene troppo. Non scenderemo muti nel gorgo, siatene inquieti. La storia sta di nuovo accelerando.
Nel caso in cui i magistrati di Roma e Bologna vogliano interrogarmi in qualità di teste, dico pubblicamente che non ho alcuna intenzione di rispondere alle loro domande. Sono loro a dover spiegare perché il sottoscritto e i suoi compagni fuoriusciti dovrebbero essere dei testimoni interessanti. Non ci sono elementi per incriminarci e quindi si ricorre a sotterfugi. Che si misurino con l'onere della prova invece di distillare vigliaccamente il sospetto.
Paolo Persichetti
lettera al manifesto del 13/09 di paolo persichetti
Caro direttore, le chiedo cortesemente di pubblicare questo mio breve testo, scritto in risposta al bell'articolo che Erri De Luca (il manifesto del 5 settembre) mi ha indirizzato dalle pagine del suo (o piuttosto vostro) giornale.
«Ciascuno vede ciò che tu gli sembri, pochi ascoltano quello che sei». Così Machiavelli nel Principe spiega, o meglio disvela, uno dei segreti della politica intesa come dominio. Ciò che conta è apparire, mostrare, far credere, molto meno essere autentici. Una verità tanto più forte in questa epoca, dove lo sviluppo delle tecniche della comunicazione ha reso il loro uso pervasivo e il loro controllo una posta in gioco per l'esercizio del potere. L'uso dei media è uno dei moderni strumenti di governo utile all'ammaestramento delle coscienze, alla fabbricazione del consenso. Cavalieri della tv e magnati della pubblicità da una parte, Nanni e ballerine dall'altra, esprimono attraverso il loro astioso conflitto una speculare concezione di questa nuova realtà. Berlusconi possiede, i girotondi bramano rancorosi l'anziano possesso della Rai lottizzata. Entrambi concepiscono la politica come «apparire». Il premier ultramiliardario si vuole «operaio», quel groviglio di sordi interessi legati alle professioni e alle carriere dell'emergenza, si sente espressione del luogo che da sempre l'antipolitica e il qualunquismo hanno eletto come autentico, la «società civile».
Hai ragione Erri, hanno bisogno delle nostre apparenze. Hanno bisogno dei nostri corpi per calzarci addosso i panni dei responsabili di sostituzione che hanno ritagliato per noi. Siamo alle conseguenze concrete del dopo 11 settembre. Vittima di se stesso, dei suoi Frankestein stragisti clonati in laboratorio e sfuggiti al controllo, l'occidente cerca colpevoli ovunque. Si è aperta l'epoca dei conflitti senza frontiere. Il nuovo diritto serve solo ad abbattere barriere, controllare territori, azzerare tutele e garanzie. Conservare privilegi ai gendarmi mondiali. Il nemico si è fatto impalpabile, agita ombre, scuote paure, per questo il ricorso a capri espiatori può avere una funzione rassicurante. E poi, molto più in basso, ci sono poltrone e carriere da salvaguardare. Dopo Napoli e Genova, dopo Bolzaneto e la Diaz, i vertici della polizia sono stati travolti dal discredito. Le polemiche sulle scorte mancate hanno bruciato un ministro degli interni e trasformato questori e dirigenti dell'antiterrorismo da inquirenti in indagati. Sotto schiaffo, le professioni della specialità e le carriere dell'emergenza hanno dovuto reagire. Da questa bassa cucina è nata la mia estradizione.
Caro Erri, non provo dolore ancora meno rancore. Osservo i loro gesti come guardassi dei minerali. In fondo, hanno bisogno di noi come il vampiro ha bisogno della sua vittima, come il drogato del buco. Ma dalla loro parte c'è solo la forza triste della dipendenza priva d'ogni autonomia e potenza. Senza il collo della sua vittima il vampiro muore. C'è uno scarto che ci rende superiori. Noi non abbiamo bisogno di loro, dobbiamo solo scrollarceli di dosso.
Ho letto su un giornale che il capo delle guardie pretoriane avrebbe telefonato per annunciare la mia cattura addirittura nel pieno d'una festa. Pare che abbiano immediatamente brindato e cantato. Sembrava una scena da basso impero di quelle descritte nel Satyricon.
Prima di congedarmi e tornare all'allegro brusio della mia cella affollata, vorrei dire ai potenti e potentati di turno: stiamo tornando uno ad uno ma non è il caso di rallegrarvene troppo. Non scenderemo muti nel gorgo, siatene inquieti. La storia sta di nuovo accelerando.
Nel caso in cui i magistrati di Roma e Bologna vogliano interrogarmi in qualità di teste, dico pubblicamente che non ho alcuna intenzione di rispondere alle loro domande. Sono loro a dover spiegare perché il sottoscritto e i suoi compagni fuoriusciti dovrebbero essere dei testimoni interessanti. Non ci sono elementi per incriminarci e quindi si ricorre a sotterfugi. Che si misurino con l'onere della prova invece di distillare vigliaccamente il sospetto. Paolo Persichetti